Vi è mai capitato di vivere periodi in cui tutto ciò che può andare male lo fa? Periodi in cui non sapete da che lato voltarvi perché vedete nero da tutte le parti, o dove aggrapparvi perché ogni appiglio sembra scivoloso? A me è capitato. È il momento in cui la nostra barca si capovolge ed è allora che entra in gioco la resilienza: quella che ci permette di risalire sulla barca e di riprenderne il controllo nonostante le condizioni meteo avverse.

Nautica o metallurgia?

Etimologicamente sembra che la parola derivi dal latino “resalio”, iterativo del verbo “salio”, che indicava appunto l’azione di risalire sulla barca capovolta dalle onde del mare. Il termine resilienza è anche ricondotto alla metallurgia, settore in cui indica la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi sono applicate.

La scuffia

Personalmente preferisco la prima immagine, forse perché sento più affini a me il mare e le barche rispetto ai metalli, o forse perché quando ero prodiere di hobie-cat 16 (un piccolo catamarano che si conduce in due: timoniere e prodiere), mi è  successo diverse volte di risalire sulla barca capovolta. Quando si scuffia la barca si ribalta, spesso a 180°, e l’equipaggio deve risalire sedendosi su uno degli scafi per riportarla a 90° e poi si mette in piedi aggrappandosi allo scafo in alto per metterla nella posizione corretta e riprendere la navigazione. Solitamente si scuffia quando c’è molto vento e/o molto mare, quindi si naviga veloci, si ha quasi la sensazione di volare. Poi, all’improvviso, tutto si ferma e ci si ritrova in acqua con la barca a testa in giù. Più o meno è quello che a volte ci accade nella vita, quando corriamo, corriamo, teniamo duro il più possibile e poi il meccanismo si inceppa, perdiamo il controllo o ci dobbiamo arrendere a qualcosa di più grande di noi.

Riprendere la rotta

Conosco persone che hanno affrontato prove durissime, prove che io penso mi avrebbero lasciata senza fiato, senza speranza, completamente a terra. E invece sono risalite sulla loro barca, hanno rattoppato le vele, rimesso in sesto il timone. E quando il vento ha ricominciato a soffiare hanno ripreso la loro rotta.

Questo metaforicamente è ciò che chiamiamo resilienza: quella che ci permette di non rimanere sommersi dalle difficoltà della vita e di riprendere la nostra rotta dopo una scuffia.

Resilienza: un ingrediente fondamentale per uscire da una crisi

Ecco allora che la resilienza può essere di grande aiuto per affrontare un momento di crisi, così come è stato per i protagonisti della nostra storia.

Giulia avrebbe potuto restare con Luigi, continuando a farsi e a farsi fare del male in un crescendo di abbrutimento e violenza, invece ha trovato in sé le risorse per chiudere quella storia malata, riprendere le forze e, a poco a poco, ricominciare una nuova vita. Luca avrebbe potuto restare paralizzato dalla paura dopo aver perso il lavoro, o deprimersi e chiudersi in casa senza reagire. Invece ha scelto di riaprire il cassetto dei suoi sogni e di provare a realizzarne uno: quello di fare il giro del mondo a bordo di SolYLuna.

Una buona notizia

La buona notizia è che, sempre metaforicamente parlando, la resilienza è nel nostro DNA da sempre, altrimenti non saremmo sopravvissuti a tutto ciò che la specie umana ha dovuto fronteggiare da quando è sul pianeta Terra. La resilienza fa parte del “pacchetto di risorse” che abbiamo in dotazione.

Per una serie di ragioni, alcune persone sembrano utilizzarla più di altre, ma ciascuno di noi può attingere a questa importantissima risorsa in caso di bisogno. A volte è sufficiente seguire l’istinto, o avere la consapevolezza di possederla, a volte c’è bisogno di qualcuno che ci faccia da esempio, così come Tindara lo è stata per Giulia e Francesco per Luca, in alcuni casi occorre un sostegno di altro tipo. Il percorso verso la resilienza è personale, diverso per ciascuno, ma è possibile per tutti.