I sette Chakra

Il sistema dei Chakra è un concetto di derivazione orientale, se ne parla negli antichi testi sacri indiani: i Veda, le Upanishad, gli Yoga Sutra di Patanjali. Da diverso tempo se ne parla anche in Occidente.

I sette Chakra, parola sanscrita che letteralmente significa ruota o disco, appartengono a quello che lo yoga definisce il corpo sottile: sono centri di energia collocati lungo la colonna vertebrale invisibili agli occhi, ma responsabili di effetti tangibili importanti sul nostro corpo e sulla nostra mente. I Chakra più bassi, fisicamente più vicini alla terra, sono collegati agli aspetti più pratici della nostra esistenza: sopravvivenza, movimento, azione. Quelli più alti, fisicamente più vicini al cielo, sono legati ad aspetti più simbolici e impalpabili quali parole, immagini, concetti.

Ogni Chakra riflette un diritto fondamentale, è collegato a un obiettivo e a un’identità specifica e per ogni Chakra c’è un “demone”, ovvero una “controforza”, solitamente un’emozione, che si oppone al naturale obiettivo di quel Chakra.

Il Chakra della radice

Mula significa radice, Adhara supporto: da qui Muladhara, il primo Chakra che, collocato alla base della colonna vertebrale, è il sostegno sui cui si regge tutto il sistema. È qui che costruiamo le fondamenta del tempio del corpo e, per farlo, abbiamo bisogno di un terreno abbastanza solido per avere stabilità e abbastanza morbido per essere penetrato dalle radici.

Il primo Chakra è associato all’identità fisica e all’intelligenza bioenergetica, o intelligenza del corpo. Si tratta di una forma di intelligenza primordiale, che si struttura nell’essere umano fin dal concepimento e, per poter funzionare al meglio, necessita di nutrimento continuo. Oltre al bisogno di cibo, c’è un’altra fame che è indispensabile soddisfare perché il primo Chakra funzioni bene, quella che Erik Berne, padre fondatore dell’Analisi Transazionale, chiamava fame di contatto. Il bisogno di essere toccati, abbracciati e coccolati esiste già nel neonato, come è stato dimostrato fin dai primi studi sulla deprivazione da contatto, che hanno riscontrato ritardi nello sviluppo cognitivo e motorio e un calo delle difese immunitarie nei bambini accuditi in modo “tecnicamente” adeguato, ma privo di affettività e contatto umano.

Il primo Chakra è legato al diritto di esistere e di avere ciò che ci è necessario per sopravvivere: un luogo dove vivere, cibo con cui nutrirsi, medicine con cui curarsi. Per questo il “demone” di Muladhara è la paura, in particolare la paura di non avere abbastanza risorse per sopravvivere.

Le diverse facce della paura

La paura è un’emozione atavica con la quale ogni essere umano deve necessariamente fare i conti, così come i protagonisti di Dammi vento.

Tindara, parlando a Giulia della sua storia con Francesco, le confessa di aver avuto paura: “con Francesco avevo la sensazione di essere sulle montagne russe e di non avere alcun controllo delle mie emozioni, il mio stare bene o male sembrava dipendere unicamente da lui, non mi riconoscevo più e ho avuto paura di perdermi”.

Giulia, quando si ritrova davanti a Luigi, scopre che la sua paura nasconde un’altra emozione: “il suo tono di voce continua a salire, so che sta per esplodere, ma stranamente la paura, mia compagna per tanti anni in situazioni analoghe, a ogni sua parola si ritrae, facendo posto a un’emozione nuova, la rabbia.

Luca, che fin da bambino “viveva costantemente avvolto da un velo sottile di paura” ha intrapreso il suo viaggio proprio per affrontare i suoi demoni: “non è la paura dell’oceano che mi blocca, ma quella, molto più difficile da combattere, di guardarmi finalmente dentro. Ma ormai la strada è tracciata, devo continuare a percorrerla andando avanti, perché tutto ha un senso, come sempre.”

Il COVID-19 e Muladhara

In base a quanto scritto finora è evidente che la pandemia che stiamo fronteggiando va ad attaccare direttamente gli elementi fondamentali del nostro primo Chakra e, di conseguenza, dell’intero sistema.

Si tratta infatti di una minaccia diretta alla nostra sopravvivenza: al momento non esiste cura, c’è penuria di dispositivi di protezione e non c’è garanzia per nessuno di guarire in caso di contagio. Allo stesso tempo il virus minaccia la nostra sopravvivenza anche indirettamente: c’è chi ha già perso il lavoro, chi rischia di perderlo, chi percepisce uno stipendio ridotto e, in generale, sembra ormai certo che il nostro Paese attraverserà un periodo di recessione, il che significa che tutti corriamo il rischio di non avere abbastanza risorse per sopravvivere. Tutto ciò alimenta proprio il “demone” del nostro primo Chakra, la paura.

Inoltre le cosiddette misure di “distanziamento sociale”, fondamentali per evitare il propagarsi del virus, ci impediscono di soddisfare la nostra naturale “fame di contatto”. Personalmente, essendo tra i fortunati che non hanno contratto il Coronavirus e hanno ancora un lavoro, questa è la limitazione che sento più forte. Non vedere le persone a cui tengo da tanto tempo, non avere idea di quando le incontrerò di nuovo e sapere che, in ogni caso, probabilmente non ci potremo abbracciare, mi fa sentire davvero deprivata di un nutrimento importante.

Fiducia, protezione e coraggio

Cosa possiamo fare allora per proteggere il nostro sistema in questo momento?

Partiamo dalla paura. Sicuramente non è un’emozione “piacevole”, alcune persone si vergognano addirittura di provarla. Invece, tra le emozioni primarie, è probabilmente quella con la funzione più importante: proteggerci. Il Coronavirus è un pericolo reale ed è normale averne paura: ascoltare quest’emozione e comportarci di conseguenza adottando tutte le precauzioni possibili per non prendere e non diffondere il virus è il modo migliore per garantire la nostra e l’altrui sopravvivenza. Proteggerci significa anche non lasciarci andare e prenderci cura di noi in particolare, visto che parliamo del primo Chakra, del nostro corpo, magari approfittando del tempo più dilatato per dedicarci a un’attività fisica che lo aiuti a svolgere la sua funzione naturale: muoversi. O dedicare più tempo alla cucina, preparando cibi buoni e sani che normalmente non abbiamo il tempo di cucinare.

Purtroppo non tutti hanno la fortuna di poter restare a casa, ci sono molte persone costrette a uscire, o addirittura ad affrontare il pericolo da vicino, come chi lavora negli ospedali, in particolare nei reparti COVID. Per loro, ancora di più è importante la protezione, ma c’è un’altra risorsa alla quale hanno necessariamente bisogno di attingere: il coraggio. Dal latino cor – cuore – e dal verbo habere – avere – la parola coraggio rimanda alla dimensione del quarto Chakra, il cuore. E sicuramente ne stanno dimostrando tanto le persone che affrontano in prima linea questa emergenza, mettendo a rischio la propria vita per salvarne altre.

Oltre al cuore, per potersi alimentare giorno dopo giorno, il coraggio ha bisogno anche di un altro combustibile: la fiducia. In un momento in cui è pericolosamente facile scivolare nel pessimismo più nero, è davvero importante alimentare questa dimensione: fiducia che si troveranno una cura o un vaccino, fiducia che ognuno di noi farà il meglio che può per dare il suo contributo, fiducia che nonostante le inevitabili conseguenze sul piano sociale ed economico troveremo le risorse necessarie per uscirne. In una parola fiducia che tutto andrà bene.