Lo yoga delle otto membra

“Sento il mio corpo risvegliarsi dolcemente nel passare da un’asana all’altra e i miei sensi attivarsi percependo ciò che accade dentro e fuori di me: l’aria leggera del mattino che mi sfiora la pelle, la sabbia umida sotto l’asciugamano, il respiro che mi attraversa il naso e la gola per poi entrare nell’addome e invertire la sua rotta tornando a disperdersi in questo piccolo spazio condiviso con Luca e zia Tindara.”

Letteralmente asana significa ‘posizione’, o ‘posizione seduta’ ed è riconducibile al lavoro sul corpo, quello più conosciuto e più praticato in Occidente.

Nello yoga della tradizione, chiamato anche yoga delle otto membra, la pratica delle asana rappresenta uno degli otto rami, il terzo per l’esattezza. I primi due sono le astinenze (yama) e le osservanze (niyama) e le successive il pranayama (lavoro sul respiro) e le quattro membra relative alla pratica della meditazione.

Negli Yoga sutra di Patanjali è scritto che le qualità di un’asana sono due: shtira, ovvero stabilità e attenzione, e sukha, cioè capacità di mantenere la posizione comodamente.

Alcuni benefici delle asana

Ciò che contraddistingue l’asana, è quindi l’atteggiamento del praticante: è necessario che la mente sia costantemente concentrata sul corpo e sul respiro in uno stato di profonda consapevolezza e accettazione. Questo consente di unire gli innumerevoli benefici fisici a quelli mentali: mentre il nostro corpo si allunga, si rinforza e scioglie le tensioni, la nostra mente impara a concentrarsi su un oggetto preparandosi così alla meditazione.

La pratica delle asana ci insegna ad ascoltare, rispettare e accettare il nostro corpo, invece di tentare di modificarlo per raggiungere un’ideale di bellezza e perfezione e ci insegna che, con la pratica costante e non violenta, il nostro corpo in modo spontaneo e naturale progredisce.

Un altro aspetto importante è che non c’è spazio per la competizione, per il giudizio o per il raggiungimento di una performance. Tutto sta ad accettare il punto in cui ci troviamo e a lavorare per fare ogni giorno un passo avanti, consapevoli che l’obiettivo non è raggiungere l’asana perfetta, ma godere del momento presente e del benessere che la pratica ci regala.

Il corpo, contenitore dell’anima

La zia non lo ha ancora convinto che ognuno ha la sua asana perfetta e che non c’è un modello verso cui tendere.” dice Giulia riferendosi a Luca “Invece a me quest’idea piace, è un approccio liberatorio che sto cercando di applicare a tutto ciò che faccio”.

Per Giulia, che all’inizio della storia è una donna insicura e poco consapevole di sé, questo è un modo nuovo di vivere se stessa e il rapporto con il proprio corpo che diventa, non più un biglietto da visita con cui mostrarsi all’altro, ma una parte importante di sé, capace di regalarle sensazioni sulle quali prima non si era mai soffermata.

Luca, invece, fa più fatica ad accettare i suoi “fallimenti” come ci racconta Giulia: “Luca è quasi comico quando perde le posizioni di equilibrio e cade immancabilmente sulla sabbia o quando si sforza inutilmente di allungarsi fino a toccare le dita dei piedi.

Paradossalmente uno degli aspetti che rendono lo yoga una pratica rispettosa della persona e adatta praticamente a tutti, fatica a essere capito e applicato. Ci sono persone che, non riuscendo fin dalla prima lezione a raggiungere la performance desiderata, rinunciano senza darsi la possibilità di sperimentarsi ed è un vero peccato perché, se si dessero il tempo per entrare profondamente nella pratica, imparerebbero ad avere con il proprio corpo un rapporto fatto di ascolto e di cura.

Il nostro corpo è il contenitore della nostra anima e come tale la pratica delle asana ci insegna a trattarlo. Penso che questo sia uno degli insegnamenti più importanti: mente e corpo si compenetrano l’uno nell’altro e, prenderci cura di entrambi in modo amorevole e non giudicante, è il modo migliore per perseguire il nostro benessere.